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Avanti e indietro e poi ancora, appesa all'asta della flebo
il racconto del giorno è questo resistere
contare i passi, leggere i segnali muti
del sangue che si fa nero. Alzare argini.
Chiudersi nel perimetro della propria pelle
per non sentire l'urlo della vicina, la mente scissa.
Tu, la parola ancora illesa, dici
per sempre avremo il sole, la neve dell'inverno. Per sempre.
Fa così male guardarti che il mio vivere diventa tradire.
In quattro distici di versi liberi, l'autrice racconta il tempo sospeso di una corsia d'ospedale, dove il giorno che trascorrere è una lotta (resistere, alzare argini) contro la malattia che avanza silenziosa e subdola, come espresso con forza nell'ossimoro "segnali muti", mentre, per sopravvivere, bisogna estraniarsi dalle sofferenze degli altri che sono tutte intorno (idea espressa con grande forza nel terzo distico).
Il "Per sempre" chiude la poesia come una preghiera funebre. Ad essa segue un solo verso, che riporta il punto di vista della persona sana, esterna alle sofferenze, che sente la propria vita come un tradimento di fronte alla visione concreta dell'avanzare della malattia.
2 commenti:
L'ultimo verso è molto bello, c'è tutto il dolore che si può provare quando ci troviamo di fronte alla sofferenza altrui e siamo costretti a fare i conti con i nostri limiti e la nostra impotenza.
concordo con il tuo giudizio, Barbara: l'ultimo verso mi aveva colpito particolarmente
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