mercoledì 22 maggio 2013
sabato 11 maggio 2013
Sull'emozione, lo studio e la passione...
Uno studente si alza, si avvicina alla cattedra e, inveendo
contro l'insegnante, si dirige alla porta ed esce dall'aula. Il video diventa
virale, come si dice oggi, cioè lo guardano tante persone sul web e in tanti cominciano
a dire: "Ecco, finalmente uno studente dice all'insegnante quello che si
merita".
Ma che cosa dice quello studente?
"Dovrebbe alzarsi e fare lezione invece di distribuire
esercitazioni. Hanno bisogno (dice riferendosi ai compagni) di imparare faccia
a faccia". "Vuole che i ragazzi vengano a lezione da lei? - continua
- lei deve venire qui ed emozionarli. Vuole che un ragazzo cambi e migliori?
Gli deve toccare il cuore. Come può aspettarsi che lo faccia se lei
semplicemente parla?"
Ascoltando quel video, ho pensato agli studi che mi hanno
emozionato: il latino, ad esempio. Il mondo degli antichi che mi si apriva
davanti agli occhi tra le pagine (sudate, potrei dire, con le parole del poeta)
delle versioni che con pazienza certosina traducevo. Eh, sì, non c'era ancora
internet, con il suo google translator. Per fare i compiti, si stava un mezzo
pomeriggio a scartabellare il Castiglioni - Mariotti (o il Rocci, se l'indomani
c'era greco).
Mi appassionava, il mio insegnante di latino? Se ci ripenso,
ricordo che faceva proprio quello che lo studente americano non vorrebbe: seduto alla sua cattedra,
parlava.
In modo fluente, competente, addentrandosi in tanti
dettagli. E noi ascoltavamo. E per non perdere neppure una sillaba, prendevamo
costantemente appunti (non c'era neanche la fotocopiatrice, a scuola. Era
proprio il Giurassico!).
Quelle parole mi emozionavano? Niente affatto. Mi emozionava
lo sguardo dello studente della classe accanto, quando lo incrociavo in
corridoio durante la ricreazione. Mi emozionava riascoltare la canzone che
aveva fatto da colonna sonora al mio primo bacio di adolescente. Mi emozionava
un bel film. Erano splendide emozioni. Meravigliosi sentimenti. Ma non avevano
niente a che fare con le lezioni che seguivo a scuola.
Le lezioni dei miei insegnanti mi aprivano un mondo, erano
una cornucopia di conoscenze che mi si presentavano come autorevoli,
importanti, fondamentali. Facevano nascere in me la consapevolezza della mia
ignoranza e il desiderio di colmarla con quelle parole che mi venivano porte.
Capivo che quei discorsi erano il ponte che legava il
passato al presente, che nascevano da anni di studio e di impegno dei miei
insegnanti e che richiedevano a me lo stesso studio e lo stesso impegno, per
tentare di possederli e poterli un giorno condividere.
Cosa c'entra l'emozione con lo studio? Un sentimento che ha
nella sua stessa definizione una natura effimera con un'attività che deriva il
suo nome dalla parola latina che indica l'applicarsi, l'impegnarsi con
costanza?
Cosa c'entra l'emozione con la passione?
Forse tutto dipende da un problema linguistico di
definizione dei termini.... o forse dalla necessità di un'educazione
sentimentale, per così dire, dei nostri ragazzi, che tendono a confondere la
superficie con la profondità e l'effimero con ciò che dura...
Il video dello studente americano
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