Clemens Brentano è un romantico e della sua epoca e del clima culturale in cui vive racchiude in sé e nella sua opera alcuni tratti fondamentali. Il primo di essi è la Zerrisssenheit, qualla dilacerazione che travaglia l'animo del poeta romantico
e che in lui assume l'aspetto di opposizione tra il mondo "materno fantastico ed infantile e quello "paterno" borghese e severo.
Clemens, nato dal secondo matrimonio di suo padre, un ricco commerciante di origini italiane, con una donna di ventun anni più giovane, non può godere a lungo della presenza della madre, morta prematuramente, e si allontana ben presto dalla casa paterna.
Al distacco affettivo si unisce la separazione reale, poiché Clemens, dall'età di sei anni, vive dapprima presso una zia, poi in vari collegi.
La perdita della casa paterna si riflette nelle sue opere nel motivo della perdita o della ricerca del castello avito (in un vero castello, quello dei nonni materni, era nato il poeta), mentre le fiugre paterne delle sue opere recano i tratti del padre reale.
Nel fantastico mondo materno, Clemens si sente a suo agio, ridienta bambino e narra prima di tutto a se stesso (ma anche agli amici nei salotti) meravigliose fiabe a ruota libera, senza la necessità di predisporre una rigida struttura al racconto (cosa che non gli riesce neppure nelle opere in cui sarebbe necessaria).
Le sue fiabe sono spesso molto lunghe proprio perché, come un bambino, inventa nel momento stesso in cui narra e, trascinato dal suo stesso racconto, fa germogliare storia da storia.
Storie che nascono da un'esigenza tragica, le sue: quella di ritrovare l'infanzia perduta o mai vissuta, il luogo ideale di quell'ingenuità tanto vagheggiata dai romantici come sola vera sorgente d'arte.
Allo stesso tempo, però, esse hanno origine da un impulso gioioso ed irrefrenabile, l'impulso che spinge Brentano a narrare per il gusto di narrare, a lasciarsi trascinare dalla magia del linguaggio che si apre a tutte le sue possibilità.
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